Un bel tacer non fu mai scritto: ovvero dell'arte del silenzio



Recentemente ho visto un film e letto un libro in cui protagonista assoluto era il silenzio.
In entrambi i casi il silenzio dei protagonisti era imposto: condizione necessaria per la propria sopravvivenza.

Sto parlando del libro Vox di Cristina Dalcher: 

in un’America dei tempi recenti un movimento purista prende le redini del potere e porta Gli Stati Uniti indietro di qualche secolo. Cosa accadrebbe se ogni donna avesse a disposizione solo 100 parole in un giorno? Grandioso verrebbe da dire a qualche amico lettore maschio. E se ci si assicurasse che tale numero di parole non venga superato attraverso un apposito bracciale che in caso di sforamento produca una scossa elettrica proporzionalmente più intensa in base all’entità dello sforamento? In realtà se si è giunti a questo punto, la donna nuovamente confinata entro le mura domestiche, privata di ogni diritto raggiunto fino a quel momento, è anche a causa dell’indifferenza, della non lungimiranza o della incredulità con cui la maggioranza delle donne americane avevano seguito gli avvenimenti che avrebbero poi portato a tutto questo.
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Così due donne si confrontano e si scontrano Jean McClellan, la studiosa di neurolinguistica esclusivamente dedita a rincorrere la propria carriera universitaria e la propria dimensione personale, e l’amica di gioventù, un’attivista impegnata a denunciare a gran voce i cambiamenti ancora non facilmente leggibili della società, pre-bracciale.

Scienziata e studiosa di successo Jean. vedrà modificarsi la sua condizione di prigioniera linguistica per i suoi precedenti esperimenti scientifici che l’hanno condotta alla scoperta di un metodo per sconfiggere l’afasia determinata da ictus. Nello svolgersi della vicenda la scienziata si troverà a divenire promotrice in prima persona di un piano di rivolta, non senza rischi personali se si vive in una famiglia di quattro figli di cui tre maschi e di cui il maggiore è un convinto purista e un marito dottore che lavora nientemeno che gomito a gomito con il gabinetto della casa bianca.

Numerosi i cambi di scena e ciò che appare non corrisponde sempre alla realtà; molto godibile e di lettura scorrevole, se proprio dovessi individuare una criticità direi la storia d’amore inserita nel racconto, non strettamente necessaria ad una trama che è già di per sè originale e ben costruita.

E che dire del film A quiete place?
Classificato come horror mi sembra invece più un scient-fiction. Il regista è John Krasinski, il film è uscito nell’aprile del 2018 ed hanno già annunciato il sequel previsto in uscita a maggio 2020. In un futuro non molto lontano, siamo nel 2020, la terra è invasa da alieni predatori che si nutrono di esseri viventi, umani compresi. Il film non racconta l’antefatto: come sono arrivati questi msotri sulla terra, le immediate conseguenze, i tentativi di sconfiggerli, se non attraverso la lettura per immagini dei titoli di giornale che hanno accompagnato i terribili avvenimenti.
Questi esseri mostruosi sono attirati dal rumore, nella loro orripilante testa gigante hanno infatti un apparato uditivo altamente sofisticato che,ovvia alla loro cecità, e che  permette loro di sentire da molto lontano: la terra perciò, e il film di rimando, piomba in un silenzio quasi del tutto ininterrotto.
Per inciso la grafica del mostro è certamente un tributo all'indimenticabile e terrorifico mostro del film  Alien di Ridley Scott.
I protagonisti sono una famiglia, gli Abbot, composta da padre madre e tre figli di cui la maggiore è un’adolescente sordomuta; vivono in una fattoria circondata da campi di granoturco in cui si nascondono tre mostri alieni dalle zampe di chele di granchio che permettono loro di muoversi con estrema velocità. I dialoghi sono pochissimi, si può fare rumore solo quando una fonte di rumore più forte permette loro di parlare, sostituiti da sottottitoli, dai suoni della natura, da una strepitosa fotografia e un’eccezionale capacità interpretativa degli attori anche degli interpreti più giovani.
In un’atmosfera da survivor si viene accompagnati nello scorrere di una giornata tipo. Ben lontano dall’essere noioso, visto l’assenza di dialoghi tiene, al contrario, lo spettatore incollato sulla sedia in attesa che capiti l’inevitabile e questo avviene già nelle prime scene del film, quando il più piccolo dei fratelli viene divorato da un mostro alieno per avere azionato uno shuttle, uno di quei giocattoli luminosi e rumorosi di cui sono piene le nostre case, quelli di cui ti penti di averlo comprato esattamente trenta secondi dopo!
Lo sfortunato avvenimento consente di raccontare del difficile rapporto padre-figlia, dell’amore che lega questa famiglia, della necessità di continuare a sopravvivere e sarà proprio la giovane sordomuta ad individuare il punto debole dei mostri e quindi a trovare un potenziale mezzo di distruzione degli stessi.
Candidato a numerosi premi Oscar, inneggiato dalla critica, è secondo me un film che vale davvero la pena di vedere.

Allora buona lettura e buona visione e soprattutto SILENZIO, ma questa volta per scelta.

LEI

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