- STORIE DI CANI CATTIVI -


Fin dalla notte dei tempi l'uomo ha provato a dare la propria voce ed il proprio carattere agli animali: le leggende ed i racconti degli uomini primitivi, i grandi racconti epici, le favole di Esopo e Fedro fino ai giorni nostri.

Fra tutti gli animali il cane è l'animale domestico per eccellenza, ritratto in tutte le forme artistiche dalla preistoria ad oggi. In principio fu Cerbero, mostruoso cane a tre teste messo a guardia dell'Ade, l'Inferno mitologico greco - romano. Ercole lo doma nell'ultima delle sue dodici fatiche. Da Cerbero in poi il cane viene generalmente ritratto in modo positivo, esaltando le doti di fedele protettore dell'uomo e della sua famiglia. 


Gli esempi sono innumerevoli: citerò quelli che mi sono più cari e che mi sembrano più significativi. Si potrebbe dire che il capostipite di questa generazione di cani «buoni» è Argo, il cane di Ulisse, ritratto nell'Odissea omerica: aspetta il suo padrone per venti anni, lo riconosce nonostante un dio abbia cambiato le sue sembianze e muore subito dopo, finalmente appagato per aver rivisto il suo padrone.



L'infanzia e l'adolescenza dei ragazzini sono sempre state popolate poi da cani a dir poco eroici: si comincia col classicissimo «I musicanti di Brema», e si può passare poi a Zanna Bianca, Buck e Zanna Gialla, eroi dei romanzi di Jack London; Lassie, protagonista negli anni '30 di un romanzo dello scrittore Eric Knight, ritratto poi in decine di film; Nana, il terranova della famiglia di Wendy in «Peter Pan»; Toto il cane di Dorothy ne «Il meraviglioso mago di Oz»; Nebbia, il fido San Bernardo del nonno di Heidi oppure Capi, il cane artista-girovago che sopravvive a tante sciagure in «Senza Famiglia» di Hector Malot. 
In tempi più recenti mi vengono in mente altre figure di cani positivi come il simpaticissimo Milo nel film «The Mask - da zero a mito» con Jim Carrey del 1994, a sua volta tratto da un'opera a fumetti e Fang, il cane di Rubeus Hagrid nella saga di Harry Potter di J.K. Rowling.
In questa folla di cani positivi e fedeli spiccano alcune eccezioni che riflettono anche delle visioni della vita più realistiche o disincantate, ma non per questo meno interessanti.
Un primo esempio lo troviamo in Pinocchio, abitato da ben tre cani, molto diversi fra loro. 
        Il primo è Medoro, barboncino fedele ed elegantissimo servitore della Fata Turchina: lo vediamo prelevare Pinocchio, appena scampato all'aggressione del Gatto e della Volpe, per portarlo a casa della Fata.
Il secondo è Melampo, che in realtà non vediamo in quanto da poco defunto: Pinocchio viene «assunto» al suo posto per fare la guardia ad un pollaio; ben presto il burattino scopre che il tanto lodato e rimpianto cane da guardia era stato «corrotto» dalle faine e che dietro il compenso di una gallina  «bell'e pelata» fa finta di non vedere tutte quelle che i predatori razziavano.
Il terzo è Alidoro, inizialmente feroce mastino al servizio della Legge: viene «scagliato» dai carabinieri all'inseguimento di Pinocchio che però lo salva da morte certa. Alla prima occasione restituirà il favore a Pinocchio,   perchè «in questomondo bisogna tutti aiutarsi l'un l'altro».
E' chiaro che in questa triade i cani rappresentano tre tipici atteggiamenti umani: ma pur nel gioco fantastico della storia ne esce un quadro molto meno rassicurante e più fedele alla vita reale, rispetto a tutti quelli citati in precedenza: il mito del cane fedele e leale comincia ad incrinarsi: non ci si può fidare sempre «a scatola chiusa».

L'immane tragedia delle Guerre Mondiali demolisce le sicurezze e la fiducia dell'uomo in un futuro sicuramente migliore. Anche la raffigurazione dei cani nelle opere letterarie risente di questa angoscia:  un esempio molto influente lo troviamo ne «La Fattoria degli animali» di George Orwell, dove i cani vengono ritratti in gruppo, senza individualità, a rappresentare il potere poliziesco (e senza gli slanci di un Alidoro) ad immagine delle tante polizie politiche utilizzate dai regimi totalitari. E non è un caso se anche nella memoria lacerata di Primo Levi il ringhio rabbioso dei cani si fonde con le urla dei nazisti all'arrivo ad Auschwitz, fino a renderli indistinguibili.
Queste suggestioni si sono spesso trasferite anche in altri ambiti artistici, come la musica rock. I Pink Floyd, ad esempio, hanno un legame abbastanza forte con i cani. Nel loro LP «Meddle» c'è un brano, «Seamus», un classico blues lento, in cui il controcanto è interpretato da un cane, lo stesso del titolo, con esiti davvero sorprendenti oltre che spassosi. L'influenza orwelliana sulla band però si manifesta pienamente con l'album «Animals», triste carrellata di animali che evidenziano le distorsioni e le ossessioni dell'uomo contemporaneo: nel brano «Dogs» viene ritratto un uomo-animale simile ad un killer, senza scrupoli ed alla continua ricerca di un obiettivo (denaro, potere, importanza sociale) per raggiungere il quale non esita a pugnalare alla schiena i suoi simili e che non calcola di finire i suoi giorni proprio come tutti gli altri, vecchio e stanco.  

Just another sad old man
All alone and dying of cancer
(...)

Ma del resto se rileggiamo a modo «Il richiamo della foresta» non rinveniamo una mentalità molto simile, quando Buck è costretto a farsi rispettare dal branco?

L'ultimo pezzo floydiano che ha come protagonisti i cani è «Dogs of war», dall'album «A momentary lapse of reason»: qui il riferimento è chiaro fin dal titolo, la consapevolezza dell'esistenza di un'intera comunità di umani dedita all'alimentazione, alla costruzione ed alla riproduzione continua della Guerra nel mondo. Una natura che non può essere umana ma solo bestiale, non nel senso animale del termine quanto in quello mostruoso, anche se per visualizzare il concetto vengono scelti proprio i cani, visibili anche nella copertina dell'album, piazzati sullo sfondo, in una paziente quanto inquietante attesa.

We all have a dark side, to say the least 
And dealing in death is the nature of the beast
One world, it's a battleground
One world, and we will smash it down
One world

Tutti abbiamo un lato oscuro (è un eufemismo)  
E vendere morte è natura della bestia
Un solo mondo, è un campo di battaglia
Un mondo, e lo schianteremo
Un solo mondo

(Trad. http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=364)

    Un ulteriore salto nella natura oscura di questi animali è stato fatto ad opera di Stephen King con il suo famosissimo "Cujo", la storia di un San Bernardo affettuoso e docile che in seguito al morsi di un pipistrello contrae la rabbia, subendo una dolorosa trasformazione in killer senza pietà. Nel caso di questo libro (trasformato in un dimenticabile film del 1983) ci troviamo davanti alla personificazione dell'alcolismo vissuto dall'autore negli anni della sua composizione. Addirittura King ha scritto di rammaricarsi di non ricordare neanche di aver scritto questo libro, perdendosi tutto il divertimento. Molto interessante nel libro è seguire la straziante trasformazione che il cane pacioccoso abituato a farsi cavalcare dai bambini in un essere dolorante che vede dappertutto nemici da aggredire e da abbattere. La sua vicenda fa da contraltare alla dissoluzione in atto di una famiglia, fra crisi economica e tradimenti: alla fine quindi Cujo è un cattivo involontario, punito dalla sorte, mentre gli umani vengono ritratti mentre fanno consapevolmente i loro sbagli. 


Bene, lectores, è ora di chiudere: diamo un cenno di altri cani che hanno colpito l'immaginario nel cinema di qualche anno fa con buona pace degli irrilevanti film della serie "Beethoven":
- Qualcosa è cambiato (As Good as It Gets) 1997, diretto da James L. Brooks, con uno strepitoso Jack Nicholson attorniato da una straordinaria «banda» di attori. Il protagonista, un uomo disturbato e infastidito da tutta l'umanità che lo circonda comincia a mettere in discussione se stesso quando comincia (in modo quasi inconsapevole) ad affezionarsi ad un cagnolino, lo stesso che aveva tentato di eliminare nelle scene iniziali.
- Hachiko - Il tuo migliore amico (Hachi: A Dog's Tale) del 2009 diretto da Lasse Hallström, è il rifacimento di un film giapponese del 1987 tratto dalla storia vera di un cane di razza Akita che dopo la morte del padrone continua ad aspettarlo come ogni giorno alla stazione, per vent'anni, fino alla morte. 
- Margin Call, del 2011, diretto da J.C. Chandor vede uno strepitoso Kevin Spacey, con un cast davvero stellare intorno a sè, protagonista di una sorta di Giorno del Giudizio, l'inizio del caos finanziario del 2008. Mentre intorno a lui fioccano licenziamenti in tronco, carriere vengono stroncate e tutti lottano contro tutti per conservare il proprio posto e la propria fetta di potere all'interno dell'Azienda (si potrebbe dire che è la visualizzazione del brano dei Floyd di «Animals») il protagonista non ha altri pensieri che per il proprio cane, malato senza speranza, l'unico essere vivente che gli strappa una lacrima e che alla fine del film sotterra amorevolmente nel giardino di quella era stata la sua casa.

Bene direi che per essere «solo» un animale domestico il cane ha scatenato una serie di collegamenti davvero incredibile: i suggerimenti di lettura, di ascolto e di visione sono tanti, sperimentatene qualcuno e fateci sapere il vostro pensiero sulla nosta pagina Facebook (https://www.facebook.com/LectorintheMirror/) o su Instagram (https://www.instagram.com/lectorinthemirror/?hl=it) o direttamente su queste pagine, dopo esservi registrati!  

Lui
    

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