LA LUNA DI STEINBECK INCANTA ANCORA

Amo molto John Steinbeck: è uno scrittore che si legge con facilità, che non si nasconde dietro artifici stilistici, che non se la tira. E’ lì, semplicemente. Lascia alla storia il suo spazio, non fa l’intellettualoide ed è rimasto sempre legato alla terra da cui proviene.
E’ diventato famoso per titoli come “Uomini e Topi”, “Furore” o “La Valle dell’Eden”. 
Oggi vi propongo invece un libro cosiddetto “minore”: un testo breve, semplice, attuale. Si chiama “La luna è tramontata” e parla di guerra. 
Prende spunto da un episodio delle resistenza norvegese nella seconda guerra mondiale, ma le vicende e i personaggi sono attuali per ogni epoca. Conquistati e conquistatori sono visti nella loro umanità: le dinamiche che si sviluppano fra di loro sono le eterne dinamiche della guerra identiche sotto l’Impero Romano, il Medioevo, nella Seconda Guerra Mondiale, in Vietnam, Afghanistan, Iraq…
I protagonisti principali sono il colonnello Lanser ed il sindaco Orden. Due uomini che si fronteggiano col carico delle loro responsabilità, dei loro ruoli e delle maschere che sono costretti ad indossare nel corso della vicenda.
Il primo è un militare disilluso, che deve tenere continuamente a bada la propria carica di umanità e non può non sottostare alle crudeli regole del gioco militare; l’altro è un anziano sindaco, conscio delle ipocrisie e dei bisogni del suo popolo, non ha la stoffa dell’eroe ma non esita a sacrificarsi, se necessario, per la sua gente.
Attorno a loro una folla di umanità varia: il soldato sognatore ed ingenuo, l’ufficiale fanatico delle regole, il notabile locale pronto a tradire la comunità, i servi che da indolenti o pettegoli diventano di colpo “puri” e giacobini, il popolo che lentamente capisce cosa deve fare per non soccombere.
“La luna è tramontata” è stata rappresentata anche in teatro e in versioni cinematografiche. Il testo resta a mio parere insuperabile ed ancora oggi molto godibile. La drammaticità della trama e dei fatti vengono in qualche modo addolciti da una narrazione che non si concede enfasi e non falsifica o teatralizza le azioni. Le vicende scorrono davanti a noi con la naturalezza stessa della vita: questo credo sia il tratto più bello della scrittura di John Steinbeck, un vero tesoro che dovrebbe essere presente in tutte le biblioteche domestiche!

Ecco il bellissimo incipit

 Alle dieci e quarantacinque tutto era finito. La città era occupata, i difensori abbattuti e la guerra finita. L'invasore s'era preparato per questa campagna con la stessa cura di altre di maggior ampiezza.
   Quella mattina di domenica, il postino e la guardia municipale erano andati a pesca sulla barca del signor Corell, il noto negoziante. Egli aveva prestato loro la sua leggera barca a vela per tutta la giornata. Il postino e la guardia municipale erano parecchie miglia al largo, quando videro il piccolo e nero trasporto carico di soldati passar loro davanti silenziosamente. Come funzionari comunali, la cosa li riguardava direttamente, e i due volsero subito la prua verso terra, ma naturalmente il battaglione si era già impadronito della città quand'essi approdarono. La guardia e il postino non poterono neppure entrare nei loro uffici, nel municipio, e quando insistettero sui loro diritti furono catturati come prigionieri di guerra e rinchiusi nel carcere della città.
   La guarnigione locale, composta da dodici uomini in tutto, era essa pure, in quella mattina domenicale, fuori della città, sulle colline, in una deliziosa tenuta di proprietà del signor Corell.
   Le truppe locali, giovanottoni alti e dinoccolati, udirono gli aeroplani e videro in distanza i paracadute, e tornarono in città a passo di corsa. Quando arrivarono, l'invasore aveva già munito la strada con le mitragliatrici. I giovanottoni dinoccolati, ben poco esperti della guerra e per nulla della disfatta, aprirono il fuoco coi loro moschetti. Le mitragliatrici crepitarono per un istante e sei soldati divennero morti ammassi crivellati, e altri tre feriti ammassi crivellati, e tre soldati fuggirono nella città coi loro moschetti.
   Alle dieci e trenta, la banda di ottoni dell'invasore suonava musiche graziose e sentimentali sulla piazza della città, mentre i cittadini, a bocca aperta e gli occhi sbalorditi, s'erano fermati ad ascoltare e a guardare gli uomini in elmetto grigio, che portavano fucili mitragliatori sotto il braccio.
   Alle dieci e trentotto i sei corpi crivellati erano sepolti, i paracadute ripiegati e il battaglione accasermato nel magazzino del signor Corell, presso il molo, magazzino che aveva nei suoi scaffali coperte e brande per un battaglione.

  

Nessun commento:

Posta un commento

Nella nostra libreria TUSITALA