Ignoranza 2.0


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     La maledizione dei nostri tempi è avere a disposizione milioni di informazioni
e non saperle gestire, discriminare, valutare, comprendere. I Social sono il veicolo
principale di questo tipo di fruizione della cultura che però non crea nulla se non il
vuoto. E’ il caso delle cosiddette fake news o “bufale” che girano sulla Rete, vengono
ufficializzate da una marea di “like” messi a caso e divengono Verità, resistendo a
qualsiasi forma di verifica fattuale e/o scientifica.
      Ma al “Lector” non pensiamo che questa debba essere una tendenza da
accettare per forza, come un temporale o un terremoto, ma una moda da
contrastare. Nel nostro piccolo quindi, ci proponiamo di creare una piccola scatola di
parole o concetti che vanno definiti a modo, per non essere confusi ed utilizzati in
modo inappropriato, generando ignoranza 2.0.
       Abbiamo quindi deciso di creare una sorta di Dizionario proprio per stabilire
un riferimento certo rispetto a tante cose che vengono dette e asserite come verità
quando non lo sono affatto.
      Prima di addentrarci nell’argomento del primo post vorremmo dare qualche
indicazione pratica e una serie di indizi che indicano un sito o un post farlocco.
1) COSA FARE QUANDO ABBIAMO UN DUBBIO? La prima cosa da fare
quando ci si trova davanti ad un testo dubbio è cercare di verificare. Noi abbiamo
trovato grande giovamento nel sito di fact-checking BUTAC ( https://www.butac.it )
“Bufale un tanto al chilo” la cui ragione di essere è proprio quella di scovare e
demolire le bufale che sono una bella percentuale delle notizie che girano in rete
senza controllo. A loro volta non sono la Verità, ma almeno forniscono degli elementi
critici fondati. I siti di “fact - checking” sono vari: aiutano a farsi un’idea più precisa su
un argomento, ma non devono azzerare la nostra capacità di giudizio.
2) MA CHI SARA’? Il primo dubbio riguarda la testata: in linea di massima le
grandi testate ufficiali dei media on line (agenzie di stampa, giornali) sono affidabili e
quando sbagliano rettificano. Quando invece troviamo definizioni tipo “periodico
indipendente” invece dobbiamo essere giustamente sospettosi: potrebbe trattarsi di
persone competenti, ma spesso sono cialtroni che avvelenano i pozzi della cultura e
della convivenza, pubblicando fandonie per aumentare i click o, peggio, per
diffondere notizie false a scopo politico. Andiamo quindi a spulciare nel capitolo “Chi
siamo” nei Contatti e nelle informazioni generali: spesso bastano da soli a farci
capire se si tratta di gente affidabile o no...
3) COME LO SAI? Altri segnali inquietanti sono la mancanza di fonti da cui
poter verificare la correttezza della notizia. Normalmente l’autore di un articolo cerca
di dare delle indicazioni per permettere al lettore di capire da dove abbiamo preso
una notizia, un dato, un’informazione. Se non c’è alcuna indicazione del genere è
segno di superficialità o addirittura di malafede.
4) FATTI ED OPINIONI. Ne consegue che bisogna sempre distinguere fra i
fatti, che devono essere rigorosamente documentati e veritieri, e le opinioni che
possono essere condivisibili o meno ma sono sempre garantite dalla Costituzione e
non costituiscono la Verità.
In questa prima occasione
parleremo di una foto che gira
su Facebook e che reca come
didascalia “ Non è
Auschwitz...Sono ucraini, sotto
il regime comunista 7.000.000
di morti. LA GIORNATA
DELLA MEMORIA VALE
ANCHE PER LORO?”
Bene, su “Bufale un tanto al
chilo” ( https://www.butac.it )
viene dimostrato come la foto
non sia di un Gulag sovietico
ma di un Campo di Sterminio nazista, probabilmente Mauthausen.
      Ma se andate a controllare tutti gli indizi di cui abbiamo parlato sopra vi
renderete conto che c’erano già molte ragioni per sospettare.
      Ad ogni modo se anche fossero state vere tutte le informazioni del post ci
sarebbe da dire che in realtà non si possono mettere nello stesso calderone i morti
della Shoah, le vittime dei Gulag, gli Armeni, i Curdi, eccetera eccetera…..
      Le vittime della violenza vanno tutte ricordate, celebrate, ma dobbiamo
sapere perchè lo facciamo (ed accade sempre per motivi diversi) altrimenti non
impareremo mai a difenderci dalle bugie e dai raggiri di politici, imbroglioni ed altri
soggetti in malafede.
      La Shoah ha una sua unicità che la distingue, per la lucida follia e per la
pericolosità che mantiene ancora oggi.
      Non è una questione di “nobiltà”, i genocidi cui ci ha abituato il ‘900 non si
dividono in massacri di serie A o serie B: il punto è un altro. In quasi tutti gli episodi
di sterminio di un gran numero di persone c’è di mezzo un calcolo politico
(eliminazione fisica di tutti gli oppositori, anche quelli potenziali), una rivalsa di tipo
storico - sociale (ci avete dominati per secoli, adesso tocca a noi), una reazione nel
corso di un conflitto.
      Nella Shoah non troviamo nulla di tutto questo. Gli ebrei non costituivano un
pericolo oggettivo (tantissimi di loro avevano combattuto come tedeschi la Prima
Guerra Mondiale), l’antisemitismo millenario li aveva resi abbastanza disincantati e
passivi (moltissimi, come nel libro “La notte” di Elie Wiesel non credettero ai Forni
Crematori ed ai Lager) ed infine non costituivano neanche una parte in causa nei
problemi economico - sociali che affliggevano l’Europa degli anni ‘30.
      La Shoah si configura quindi coma la Tempesta Perfetta, un progetto di
sterminio sistematico che non ha avuto precedenti. Per avere un’idea di questa
“particolarità” si può pensare alla Conferenza di Wannsee una riunione degli uomini
più potenti del Reich, in sostanza, nella quale vennero illustrate quelle che oggi si
chiamerebbero le “linee guida” per la Soluzione Finale della Questione Ebraica. Era
il 20 gennaio 1942: durante la riunione (vedere
http://www.assemblea.emr.it/cittadinanza/documentazione/formazione-pdc/viaggio-vi
sivo/lo-sterminio-degli-ebrei-in-urss-e-in-polonia/la-conferenza-di-wannsee/il-protocol
lo-di-wannsee/approfondimenti/il-verbale-della-conferenza-di-wannsee e
http://www.ghwk.de/fileadmin/user_upload/pdf-wannsee/ital/conferenza_di_wannsee
.pdf ), attraverso un opportuno linguaggio “morbido” si parla della pianificazione dello
sterminio. Il documento che vedete riprodotto qui sotto è tratto proprio dal verbale
di quella riunione. La cura degli sterminatori esamina zona per zona tutta l’Europa a
loro portata per individuare gli ebrei da “trasferire ad est”, espressione equivalente
alla morte nelle camere a gas, un sistema già “sperimentato” che veniva incontro ad
un serio problema: i soldati incaricati fino ad allora delle esecuzioni degli ebrei con il
Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4107295
metodo “tradizionale” della fucilazione mostravano gravi sintomi di depressione e
stress. L’orrore faceva i suoi effetti anche sui disciplinatissimi soldati tedeschi.
      Le camere a gas risolvevano brillantemente il problema: la loro gestione
veniva affidata ad altri internati che venivano poi
periodicamente eliminati per non lasciare nessun
testimone.
      Questa cura, questa perfezione organizzativa,
perseguita con il calcolo e la scienza di un’industria
automobilistica non ha avuto altre simili
manifestazioni nè prima nè (fortunatamente) dopo,
anche se abbiamo avuto delle “scopiazzature” sul
tema: è i caso delle “pulizie etniche” nella ex
Jugoslavia del 1992 o nel Rwanda del 1994.
      
      Lo “spiegone” giunge al termine, cari lectores. Se siete appassionati di
Filosofia della Storia e volete saperne di più sui totalitarismi non perdetevi la
monumentale opera di Hannah Arendt in tre parti “Le origini del Totalitarismo”,
Einaudi, 2009, o la più accessibile “La banalità del male” per Feltrinelli, presenti
anche nella nostra libreria on line TUSITALA.
      Sul versante divulgativo invece segnaliamo la stupenda testimonianza di
Shlomo Venezia in “Sonderkommando Auschwitz”, Rizzoli (sempre disponibile in
TUSITALA): la storia di un uomo che è rimasto in silenzio per tanti anni, tornato a
parlare nell’ultimo periodo della sua esistenza per evitare il ritorno del Male Radicale
e grazie al quale sono il meccanismo dello Sterminio è stato indagato anche nei suoi
lati meno conosciuti.
      Infine, per avere un assaggio di quotidianità in un mondo totalitario giova
leggere (o rileggere) l’incredibile romanzo di George Orwell “1984”, Mondadori:
potrebbe essere un buon promemoria per qualsiasi rigurgito del passato...

LUI

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