IL COPYRIGHT DEI MORTI


    Come ogni anno, dalla sua Istituzione nel 2004, le celebrazioni per il Giorno del Ricordo seguono quelle della Shoah. E’ necessario quindi anche qui mettere in chiaro nel nostro Dizionario cosa significa questa ricorrenza, a cosa si riferisca e sopratutto cosa non è /cosa non deve essere.

    In questa orribile campagna elettorale, piena di risvolti violenti nelle strade, è avvenuto, ad esempio, l'ennesimo sfruttamento della Storia per fini propagandistici. Uno dei leader politici impegnati nella competizione elettorale, nel tentativo di commemorare le vittime italiane delle Foibe ha usato una foto che in realtà mostra soldati italiani che uccidono civili in Slovenia. La foto, che è stata successivamente cancellata, dimostra però quanta superficialità si nasconde dietro la pretesa di avere, in qualche modo, l'esclusiva su certi avvenimenti storici. Cerchiamo allora di capire meglio gli avvenimenti.
     
      Nella legge che istituisce il Giorno del Ricordo (leggiamo da Wikipedia) possiamo leggere che riguarda “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
    Questo ci fa capire già che siamo in un ambito più ristretto, nazionale, rispetto al Giorno della Memoria, ed inoltre stabilisce uno scenario storico complesso, quello della vicenda del confine orientale durante la seconda guerra mondiale: abbiamo quindi un contesto preciso di riferimento.
    Sono due elementi che dobbiamo tener presente per capire bene quello di cui si parla e non cadere nelle trappole delle bufale o delle strumentalizzazioni politiche. Riassumiamo un attimo i fatti.

1)     Il cosiddetto confine orientale, grosso modo quello attuale fra Italia e Slovenia, ha avuto una storia sofferta fin dal XIX secolo quando gli attori in gioco erano il neonato Stato Italiano e l'Impero Austro-Ungarico. Gli Sloveni e gli Italiani convivevano lungo le zone confine che spesso cambiavano linee di demarcazione per cui bastava poco per diventare "straniero" nella terra in cui si era nati. Basta considerare che nel 1880 Trieste era una città a maggioranza italiana ma con un circondario interamente sloveno.

2)   Si arriva alla vigilia della Prima Guerra Mondiale in un clima già poco collaborativo fra la comunità slovena e quella italiana: entrambe non riescono a dialogare sulla scorta di un appartenenza comune allo stesso territorio, seguendo ideali fondamentalmente nazionalistici. La fine del conflitto vede l'Italia guadagnare non solo territori a maggioranza italiana ma anche interi distretti completamente sloveni: il successivo Trattato di Rapallo (1920) non vincolò l'Italia al rispetto delle popolazioni di lingua e cultura slovena, lingua e cultura che il nuovo regime fascista cercò in ogni modo di cancellare in una sorta di escalation che arrivò fino alla repressione violenta. Il programma fascista che mirava alla distruzione completa dell'identità degli sloveni e dei croati ebbe come risultato quello di coltivare la diffidenza e l'avversione di questa parte della popolazione e la nascita di quella equivalenza italiani = fascisti che risulterà fatale nel breve futuro.

3)     Arriva la Seconda Guerra Mondiale: il 17 aprile 1941 la Jugoslavia viene spartita fra Germani, Bulgaria, Italia e Ungheria, alleate nel conflitto. All'Italia vanno il Montenegro, buona parte del Kosovo/Macedonia, parte della Dalmazia e la Slovenia. Nella confinante Croazia si installa il governo filonazista di Ante Pavelic. Subito dopo il governo italiano parte con un programma di fascistizzazione e italianizzazione di questi territori, nei quali, come in altri territori europei, scoppia la rivolta e compare una Resistenza che vengono stroncate ferocemente dal governo italiano.

4)    Nel 1942/43 la Resistenza con il Fronte di Liberazione slavo riesce ad unire le sue varie anime (comunisti, cristiano-sociali e liberali): il generale italiano Mario Roatta attua il programma italiano di "Guerra Totale". Questo vuol dire centinaia di processi sommari, migliaia di condannati a morte o all'ergastolo, 25.000 deportati nei Campi di Concentramento italiani (eh, si li abbiamo costruiti anche noi...) ai quali vanno aggiunti un ancora indeterminato numero di morti nella guerra contro i partigiani jugoslavi.

5) L'8 settembre 1943 segna l'inizio della Tragedia. Gli italiani firmano un Armistizio con gli Angloamericani, l'Italia viene divisa in due, fra il Sud controllato dagli Alleati ed il nord dai Nazisti. Con l'esercito italiano allo sbando in Slovenia esplodono le sommosse anti italiane, con processi sommari che vedono circa 500 italiani gettati nelle foibe. E' il momento anche delle vendette personali, della "Resa dei Conti", dell'odio a lungo represso che non fa più differenze e viene immediatamente utilizzato dai vertici della Resistenza agli ordini di Tito, che guardava già alla costituzione della futura Jugoslavia e cerca di riguadagnare tutti i territori che l'Italia aveva annesso dal Trattato di Rapallo in poi.

6) Arriviamo così al maggio - giugno del 1945: la guerra è finita, ma la resa dei conti fra sloveni ed ex-dominatori continua, coinvolgendo anche innocenti che non avevano niente a che fare  col regime, antifascisti, chiunque avesse la colpa di essere italiano. Migliaia di persone vengono gettate (spesso ancora vive) nelle foibe o (nella stragrande maggioranza) fucilate nei campi di concentramento. Allo stato attuale delle fonti storiche si ipotizzano circa 5.000 vittime. Da questo momento, fino al 1956, circa 300.000 italiani abbandoneranno la regione insediandosi nei confini italiani e perdendo tutto quello che legittimamente possedevano.

Solo per un confronto ampio e per contestualizzare bene la vicenda va detto che:

- nel mese di maggio del 1945 i partigiani di Tito uccisero almeno 20.000 collaborazionisti croati e sloveni (civili con famiglie al seguito comprese): non solo gli italiani ma chiunque potesse opporsi alla costruzione della Jugoslavia che Tito aveva in mente doveva essere eliminato;
- nello stesso periodo, in Europa, circa 7.000.000 di persone furono costrette ad abbandonare le proprie terre d'origine e a trasferirsi altrove.

Questo vuol dire minimizzare l'accaduto? In realtà vuol dire proprio l'opposto, significa capire a fondo le cause e le dinamiche dei conflitti, per imparare ad evitarli; significa non dimenticare. Significa guardare in faccia alla nostra storia anche quando ci sono episodi sgradevoli. Significa sopratutto crescere.

Epilogo 

Solo nel 1975, con il Trattato di Osimo vengono definitivamente fissati i confini fra Italia e Jugoslavia, ma tutto ciò che di brutto doveva accadere era già accaduto. Per ragioni di convenienza politica, per disinteresse, per vigliaccheria, per l'abitudine di  non fare i conti con la propria storia, gli italiani morti in questa vicenda e quelli costretti all'esodo furono rimossi, dimenticati da partiti ed istituzioni, costretti in qualche articolo o qualche paragrafo dei Trattati ufficiali. Solo il Movimento Sociale Italiano, erede dichiarato del fascismo e minoranza politica fece propria la causa   degli esuli dando in questo modo un'impronta ideologica ad una vicenda che invece avrebbe dovuto avere interpreti diversi, senza contaminazioni di parte. A questo proposito risulta davvero curioso che proprio gli eredi di coloro che si guadagnarono l'odio delle popolazioni slave, creando i presupposti delle stragi rivendichino oggi il copyright su quelle vittime.

Dagli anni '80 in poi le ricerche storiche condivise su questi eventi sono rinate, grazie a condizioni politiche maggiormente favorevoli. Nonostante questo, e nonostante l'Istituzione della Giornata del Ricordo, si preferisce sempre puntare alla strumentalizzazione degli eventi, rimuovendo tutto ciò che può nuocere alla propria causa politica. 

Di sicuro quello che possiamo imparare da questa storia è che gli italiani non furono per niente "brava gente" nel Secondo Conflitto Mondiale, come non lo fu nessuna delle parti in guerra. In una guerra non esistono codici morali di combattimento, regole di torneo, parti da rispettare. Ci sono fenomeni storici da comprendere e spiegare, non una corsa a vedere "chi ha cominciato cosa", come nei litigi dei bambini. 

Questo non vuole dire che tutti gli attori di una guerra sono uguali: nell'insensatezza degli atti e fra le ipocrisie della si muovono vite, uomini che fanno delle scelte. Combattere per difendere Auschwitz e combattere per abbatterla non è proprio la stessa cosa.
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Un'ultima cosa da ricordare: il copyright dei morti è come il famoso cucchiaio di "Matrix" (https://www.youtube.com/watch?v=oUx2MYlkIBY). 
Non esiste. 

Nota Finale

Anche per fare un articolo divulgativo ci vogliono delle fonti. Vuol dire che bisogna sempre documentarsi, anche se si ha una laurea in Lettere con una tesi di Storia Contemporanea. Per scrivere queste righe ho letto (oltre a tutte le voci sull'argomento di Wikipedia) il fantastico "Le foibe: i fatti, la costruzione della memoria, la ricerca storica. Strumenti per la didattica" del prof. Mario Brusa all'indirizzo http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/58-le-foibe-i-fatti-la-costruzione-della-memoria-la-ricerca-storica.html. Ho poi letto "Foibe" di Raul Pupo e Roberto Spazzali, Bruno Mondadori Editore, infine ho consultato la Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena "RELAZIONI ITALO-SLOVENE 1880-1956", documento pubblico, condiviso da Italia e Slovenia, disponibile per tutti e  scaricabile gratuitamente all'indirizzo http://www.kozina.com/premik/indexita_porocilo.htm. Leggetelo!
Mi sono poi avvalso della consulenza di un "addetto ai lavori": lo storico e scrittore Massimo Storchi (http://fortezzabastiani.myblog.it), che mi ha gentilmente fornito indicazioni preziose. Lo ringrazio di cuore. Con un aiuto del genere eventuali errori riscontrabili nel testo posso averli fatti solo io... 

Lui
     

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