Stagioni Diverse e Bare Inquiete: la narrativa "nascosta" di Stephen King

Bentrovati, cari Lectores! Oggi parliamo di un pezzo grosso, un peso massimo della narrativa mondiale: Stephen King. Non solo uno degli autori più letti, amati ed imitati, ma anche uno di quelli guardati con sospetto dai critici e da tutti gli amanti dei luoghi comuni.
Uno dei luoghi comuni duri a morire è che esista una letteratura “alta”, destinata a pochi ma qualificati eletti ed una “bassa”, popolare, destinata alla plebe incolta. King si fregia di appartenere a quest’ultima categoria: gli fanno buona compagnia gente come Dickens, Chandler ed altre mezze calzette della letteratura….

Certo, non basta vendere milioni di copie ed essere ignorati dalla critica per essere automaticamente dei grandi scrittori. Il punto è che le cose non sono così semplici e non ci stanchiamo di ripetere che i libri ed i loro autori devono essere giudicati sul lungo periodo e non solo sulle vendite accostate al parere dei critici letterari.
Prendiamo Raymond Carver, misconosciuto, poco venduto, ma con una enorme influenza sulle generazioni successive alla sua. Prendiamo H.P. Lovecraft, stessa vita grama, stessa sorte gloriosa (con vendite infinite) post mortem.
Stephen King non avrà certo i problemi di Carver e Lovecraft (non in questa vita, almeno) ma di certo anche su di lui gravano dei luoghi comuni ancora dannosi, come quello che lo vuole solo “scrittore di romanzi horror”. In questo modo si svilisce un genere con una sua grande dignità letteraria (dicevano lo stesso della Fantascienza...) e si dà un giudizio indiretto di bassa qualità alla sua narrativa.
In realtà se da un lato lo stesso Re ha dichiarato di avere “un debole per la bara inquieta” è vero anche che nella sua produzione ci sono libri molto, molto belli che poco hanno a che fare con l’Horror. Oggi ci occuperemo proprio di quelli per invitare a gustare la scrittura di questo autore anche come saggista e romanziere “tout court”.
Cominciamo da uno dei suoi più grandi successi, “Misery”, che ha avuto anche una buona trasposizione cinematografica, e che non ha nulla a che fare con l’Horror. Nella vicenda dell’infermiera psicopatica Annie Wilkes alle prese con il suo scrittore preferito manca del tutto la componente soprannaturale, ad esempio, e tutta la narrazione procede su un tono che ci rimanda ad atmosfere più vicine a “Psycho” che a “Pet Sematary”.
Nella sua autobiografia-saggio “On writing” Stephen King rilegge la composizione di questo romanzo come un avvertimento del suo inconscio rispetto alle varie dipendenze che lo tenevano in ostaggio:


“...quella parte di me non conosceva il silenzio. Cominciò a urlare invocando aiuto nel solo modo che sapeva, attraverso le mie creazioni letterarie e attraverso i miei mostri. Tra la fine del 1985 e l’inizio del 1986 scrissi Misery (un titolo che descrive bene il mio stato d’animo), la storia di uno scrittore imprigionato e torturato da un’infermiera psicopatica. (...) Annie era la coca, Annie era l’alcol, e decisi che ero stanco di essere lo schiavo-scrivano di Annie.”


Leggere “Misery” con questa rivelazione sottotraccia può generare nuovi significati e diverse interpretazioni della storia, aiutandoci a comprendere meglio anche la tensione emotiva che lo percorre.
Altre perle non propriamente horror sono presenti nella raccolta di racconti “Stagioni Diverse”. Si tratta di “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”, “Un ragazzo sveglio”, “Il Corpo -Stand by me” e “Il modo di respirazione”. Sopratutto i primi tre racconti mostrano uno scrittore a tutto tondo, capace di raccontarci inquietudini, memorie e quotidiano eroismo/depravazione di persone comuni; tratti che ritroviamo anche ne “Il miglio verde” altro romanzo fortunatissimo diventato un bellissimo film col pluripremiato Tom Hanks. Andiamo a leggere questi romanzi facendo finta di non sapere chi è Stephen Edwin King e scopriremo un grande autore popolare, dalla prosa studiata ma mai leziosa, dalla grande umanità. Completerà il ritratto dell’Uomo della Metà Oscura che è stato fino ad ora preponderante. Facciamo notare en passant che altre narrative kinghiane non horror sono i suoi romanzi fantasy (Il ciclo de “La Torre Nera”) ed i gialli (il ciclo di “Mr. Mercedes) oltre ai saggi come “Danse Macabre” e “On Writing”.
Veniamo alle conclusioni: gli scrittori sono artisti della fiction. Qualcuno predilige un genere, ma la loro bravura viene fuori sempre, anche quando si cimentano in altri territori, altre Stagioni… ed in ogni caso a nessuno piace rimanere prigioniero di definizioni che oggi vanno sempre di più sbiadendo.
Ci salutiamo con una frase di Stephen King dedicata alla lettura, che sta alla base di una buona scrittura, tratto dal già citato “On Writing” e che può farci riflettere, con qualche sorriso:


“Io sono un lettore lento, però mando giù solitamente dai settanta agli ottanta libri all’anno, soprattutto romanzi. Non leggo per imparare il mestiere; leggo perchè mi piace leggere. E’ quello che faccio la sera nella mia poltrona blu. Analogamente non leggo romanzi per studiare l’arte della fiction, ma semplicemente perchè mi piacciono le storie. (...) la lettura è il centro creativo della vita di uno  scrittore. Io porto con me un libro ovunque vada e vedo che ci sono una quantità di occasioni per leggere qualche pagina. Il trucco sta nell’insegnare a se stessi a leggere anche centellinando e non solo a lunghe sorsate. Le sale d’aspetto sono state fatte per i libri, lo sappiamo tutti. Ma lo stesso vale per il teatro prima dello spettacolo, le lunghe e noiose code a un qualsiasi sportello, e per quel luogo che sta in testa alla classifica di tutti noi: il cesso. Si può persino leggere guidando, grazie alla rivoluzione dell’audiolibro. Nella mia quota annuale, dai sei ai dodici titoli sono su audiocassetta. Quanto a tutte le splendide trasmissioni radiofoniche che vi perdete, suvvia: quante volte si possono riascoltare i Deep Purple che cantano Highway Star?


Lui

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